Intervista pubblicata nella rivista "Alto Vicentino"

Rubrica "Arte. Incontri Altovicentini di Emilio Trivellato"

n. 12, ottobre 1990, pp. 22-23.

L'artigianato artistico nell'Alto Vicentino (Schio-Thiene-Valdagno), a mio parere, non è sufficientemente conosciuto come merita, all'infuori degli addetti e di alcuni appassionati. Forse vi è una carenza locale d'informazione e di valorizzazione da parte della categoria, forse alcuni artigiani artisti preferiscono proiettarsi maggiormente fuori zona oppure vi è di fondo una scarsa sensibilità all'Arte in generale da parte degli Altovicentini, tutti immersi come sono nella praticità dell'industria e della tecnica. Sarebbe utile, e preliminare ad una politica locale di sviluppo delle arti visuali, uno studio conoscitivo ed una pubblicazione "tricittadina" (Schio-Thiene-Valdagno), in cui venissero presentati, in modo più interessante che specialistico, i molteplici aspetti dell'artigianato artistico alto vicentino con opportuni commenti sulla sua entità e qualità. È una proposta rivolta a chi di dovere e competenza.

Il caso di Giancarlo Scapin, ceramista ormai di notorietà e livello nazionale, è un esempio chiaro ed evidente della validità di alcune presenze artistiche nell'Altovicentino. Scledense, egli tornò a Schio nel 1977 per avviare il "Laboratornio" e mi è gradito notare che la sua personale, che accolsi in "Saletta degli ospiti" nel 1979, viene ora citata nei cataloghi nazionali. D'altra parte fin dai nostri primi incontri, animati da una sua vivace vena dialettica, mi sembrò d'intuire che Giancarlo non era il vasaio di solo mestiere artigianale, ma una persona che ad una sensibilità artistico-creativa univa una solida cultura, quindi un'intelligenza manuale guidata da una costante riflessione sui valori e sui significati dell'Arte.

La sua recente presenza a Fictilia a Vicenza e ad Arte Fiera '90 a Bologna, nel gruppo di 16 ceramisti nazionali, dà la misura del livello raggiunto da Giancarlo Scapin, convalidato da un suo curriculum già prestigioso.

Nel nostro ultimo incontro ho rinunciato a discutere con lui di "cose locali", provincialmente alto vicentine, in favore di un discorso più generale sulla ceramica d'arte, considerando ch'egli al presente si trova nel vivo delle discussioni e delle problematiche sugli orientamenti della ceramica italiana contemporanea.

 

E.T. Il disagio esistenziale degli artisti, sia pure in misura più o meno acuta, è una costante storica che consegue al difficile rapporto fra le proposte degli artisti e la società del loro tempo. Al presente, ultimo decennio di secolo, quali sono i motivi fondamentali del disagio dei ceramisti?

 

G.S. Anche il ceramista, cioè chi modella o foggia l'argilla e la sottopone all'azione del fuoco, tocca la sorte di non incontrare il favore della grande massa che, il più delle volte, vuole cose ovvie, scontate e senza impegno. Spesso chi si prende del tempo per riflettere e studiare si predispone a delle intuizioni non comuni, che generano incompatibilità fra il creatore e lo spettatore: l'uno cura una ricerca esoterica, cioè interiore, nascosta, il linguaggio del simbolo, il significato del colore, la psicologia della forma, il valore dell'uso, mentre la società con i suoi mercanti ed i suoi critici sono proiettati per una ricerca essoterica, cioè esteriore, apparente, il cui unico valore, non è quello d'uso, per la vita, ma il valore di scambio. Questo è il disagio esistenziale di chi fa ceramica oggi, fuori dalla serialità: l'essere usati come valori commerciali di scambio, senza avere la soddisfazione di venir compresi sul come e sul perché certe creazioni sono venute all'esistenza e sentire che non c'è lettura delle concezioni invisibili impresse nella materia visibile.

 

E.T. Di fronte alla Babele dei linguaggi artistici contemporanei l'osservatore ottimista vede una situazione dialettica che favorisce la creatività dal caos, mentre il pessimista denuncia la perdita di valori unitari e l'esasperato relativismo critico. Come senti personalmente la questione?

 

G.S. Direi innanzitutto che la Babele è in parte determinata dalla Costituzione Italiana dove si dice che l'arte è libera, per cui, di fronte all'ordinamento pubblico non esiste la figura dell'artista, del poeta o dello scultore: l'arte è lasciata alla libertà di ciascuno con una creatività relativa alle più svariate percezioni personali. Ma se da una parte questa posizione è vantaggiosa perché esime l'artista dal percorrere strade, che mortificano la sua libertà espressiva, dall'altra spesso l'artista non vive un'identità sociale e una riconosciuta professionalità.

La perdita dei valori unitari, poi, non sono quelli propri dell'arte, bensì di tutto un pensiero in evoluzione dell'epoca contemporanea. Oggi tutto è messo in discussione, i principi della politica, della religione, della morale; i movimenti e le avanguardie hanno perso la loro ragione di esistere. E l'arte intanto, compresa l'espressione in ceramica, diviene specchio di questa concezione esistenziale. Ma la cosa non deve sconcertare più di tanto, vivendo in una società disposta a digerire tutto!

 

E.T. Il linguaggio crea l'immagine. Quale evoluzione ha avuto nel tempo l'immagine del ceramista?

 

G.S. Fino all'ultima guerra il ceramista con il suo lavoro, tranne rare eccezioni, rispondeva alla richiesta di oggetti d'uso pratico: vasi, piatti, piastrelle. Poi con gli anni, siccome l'industria del metallo, della plastica e del vetro, andava via via rimpiazzando la domanda di contenitori più resistenti e pratici, la ceramica si è spostata dalla cucina al salotto, cercando di rispondere, più che ad un uso pratico, ad una necessità di tipo culturale, il cui servizio non fosse tanto per il fisico quanto per lo spirito. Quindi oggi l'immagine del ceramista non è più quella del vasaio, ma di colui che propone un particolare "oggetto-scultura", che può anche essere usato, ma che soprattutto evidenzia le caratteristiche proprie di una creazione, cioè la materializzazione di una emozione poetica. E così, come il pittore, che comunemente è considerato chiunque tiene in mano un pennello, si riscatta per come e per quello che dipinge, così il ceramista si distingue per ciò che sa esprimere con un materiale tanto comune come la "terra" e pure così complesso.

Penso che l'ambiguità della sua immagine ed il conseguente disagio siano dovuti al fatto di sentirsi addosso - proprio in forza della ceramica con tutta la gamma delle sue produzioni più o meno nobili - il marchio di manovalanza, di arte minore, distinzione regalataci dai neo-idealisti italiani (Croce e Gentile). Oggi chi lavora con l'argilla in Italia fatica molto di più per un riconoscimento artistico della sua opera.

 

E.T. Nell'ambito delle varie espressioni artistiche qual è la particolarità che distingue la ceramica dalle altre? O per semplificare: tra scultura e scultura ceramica, quale fisionomia e contenuti riserva quest'ultima?

 

G.S. Direi subito che la caratteristica del ceramista, rispetto agli artisti colleghi: 1) consiste nella abilità del coniugare insieme la conoscenza cromatica del pittore con quella chiaroscurale dello scultore e di armonizzare insieme l'espressione bidimensionale della pittura con quella tridimensionale della scultura e spesso anche con la quarta dimensione; 2) consiste nella capacità di creare delle forme e delle decorazioni con argille o colori diversi dal risultato finale dopo la cottura; 3) consiste, a differenza della scultura che si esprime in genere con materiali morti come il gesso, nel servirsi di una materia viva, che ha in sé il calore del fuoco ed esprime la forza plastica e l'energia dell'operatore con una policromia inconfondibile.

 

E.T. Oggi quale orientamento artistico ha per te la scultura ceramica?

 

G.S. Per rispondere bisogna tener conto della multiformità espressiva che già la ceramica consente; ma, scavalcando tutte le tendenze storiche o i più recenti movimenti creati dai mercanti e dai critici per scandire o catalogare il loro commercio, possiamo semplificare con poche indicazioni generali. C'è stato un Rinascimento con la sua razionalità, con le sue attenzioni scientifiche, il suo umanesimo ed antropocentrismo e poi c'è stato un fenomeno storico come il Barocco con la sua vitalità, con il suo dinamismo e la sua spiritualità. E in questi anni di fine secolo, in cui si vive una rivisitazione estesa dell'arte concettuale e dell'arte informale, soprattutto in campo ceramico si delinea un "Neobarocco", inteso come fenomeno esterno e sempre ricorrente, in alternativa al "Classico". È un neobarocco che ha le caratteristiche dell'involuto, del non-finito, dell'assolutista, dell'enigmatico. Un orientamento artistico in cui mi ritrovo e con cui mi esprimo, perché credo aiuti più fedelmente a rispecchiare la vera immagine psicologica dell'uomo contemporaneo.